Tra logica e morale, a partire da un funerale

Non capirò mai perché, ai funerali, cercano sempre di farci credere che c’è una vita dopo la morte e che il defunto, da vivo, non aveva difetti. Se esistesse davvero un Dio misericordioso, sarebbe lecito domandarsi in virtù di quale capriccio ci lasci ad aspettare per decenni in questa valle di lacrime prima di concederci la vita eterna; e se davvero gli uomini si comportassero in modo così virtuoso come ci viene detto a posteriori, allora l’umanità non conoscerebbe né le guerre né le ingiustizie che affliggono gli animi sensibili.

Vi sarà capitato di immedesimarvi in qualche personaggio di un libro come è successo a me, sin dalle prime righe, con il narratore di Fila dritto, gira in tondo di Emmanuel Venet, scrittore e psichiatra francese. A raccontare è un uomo di oltre quarantacinque anni e la vicenda si svolge interamente nella sua testa. No, non c’entra niente la follia. È sì affetto da una sindrome, ma quella di Asperger che non comporta ritardi linguistici o intellettivi. Lo troviamo, lui, seduto su una panca di una chiesa durante un funerale, quello di sua nonna Marguerite.
Proprio su questa panca comincia la sua lunga riflessione silenziosa che ha esattamente la durata del funerale ed è lo stratagemma scelto dall’autore per raccontare la storia di una famiglia, “né peggiore né migliore di qualsiasi altra” scrive Éric Chevillard nella prefazione, ma su questo punto mi permetto di dissentire.
Il nostro narratore ama la verità, anche se non è un fanatico del vero, infatti comprende la scelta di truccare una salma per renderla presentabile, ma da qui a far passare i defunti per persone completamente diverse da ciò che sono stati in vita lo scarto è inaccettabile. Segue la logica nel ragionamento ed è asociognosico, incapace di piegarsi ai compromessi, alle convenzioni sociali e all’arbitrarietà dell’onestà. La sua non è una scelta ma qualcosa di imposto, per fortuna o sfortuna, e sono sicura che sul piano teorico siamo tutti concordi nel dire che la verità è meglio di una menzogna, che non bisogna scendere a compromessi nella vita e non interessarsi del giudizio altrui, ma nei fatti cadiamo nell’irrazionale, nelle convenzioni sociali per evitare pettegolezzi o perché troppo immersi in questa società, e tendiamo a essere magnanimi e inclini alla bugia “a fin di bene”. Ma per il bene di chi?

Per tornare alla mia identificazione con il narratore, io mi colloco nella parte del “tutti” con qualche virata verso il narratore. Sono allergica ai funerali, ai sermoni e alla solita solfa del “il nostro viaggio sulla terra ha come obiettivo quello di arrivare a Dio dopo la morte” per mie personali convinzioni sulla Chiesa e i riti collegati alla religione. Non ho mai partecipato a un funerale di quelli che si vedono nei film americani in cui parenti e amici preparano discorsi sul defunto, ma sono certa che mi ripugnerebbero esattamente come accade nel libro. Immaginate di sentir parlare di vostra nonna da un’officiante pagata per piangere e tessere le lodi di una persona che in vita non ha portato altro che sofferenza! Un affronto per chi, invece, avrebbe meritato una vita felice e almeno una celebrazione di tutto rispetto, come il nonno del protagonista, uno dei più grandi ingegneri del Genio Civile al mondo. Ma la storia della nonna è solo una piccola parte di questo “gioco al massacro” del narratore, il punto di partenza di una storia familiare ricca di sotterfugi, silenzi, errori, dolori e ipocrisia.

Negli ultimi cinque anni sono andata a trovarla solo per farle gli auguri il primo gennaio, un gesto ipocrita che mi ripugnava ma riguardo al quale mio padre era assolutamente inflessibile, e sono sollevato che sia morta una settimana prima del suo centesimo compleanno, perché altrimenti sarei stato costretto a partecipare al banchetto programmato in suo onore.

Non riesco a immaginare un mondo privo di bugie e omissioni. La verità sempre è complicata da sostenere. O forse, a lungo andare, migliorerebbe la vita di ognuno di noi sapere di poter dire tutto quello che pensiamo senza ritorsioni e ricevere uguale trattamento così da evitare inutili ansie e pensieri distorti e lontani dalla realtà. Pensiamo anche a cosa comporterebbe un mondo senza ipocrisia. Certo, qui il narratore tenero non è, ma non posso nascondere che eviterei anche io inutili pranzi annuali colmi di finzione con persone che per 364 giorni non senti e non vedi.

Mi piacciono i disastri aerei perché obbediscono sempre a una logica ben precisa che si può comprendere a partire da indizi a volte molto esili; e mi piace lo Scrabble perché sposta in secondo piano la questione del significato delle parole e permette di ottenere praticamente lo stesso punteggio con “soffocare” o “ventilare”.

Sorretto dalla logica, il narratore ha una vera ossessione per i disastri aerei di cui conosce ogni dettaglio, una mole di informazioni per noi superflue e un’intelligenza mal spesa. I disastri aerei hanno tutti una spiegazione, una mancanza evitabile che porta logicamente a un finale tragico. Un po’ come la sua vita, costellata di fallimenti relazionali per piccole mancanze o errori non voluti. Succede così con Sophie, unica donna che ha mai amato dal primo incontro al liceo. Un amore assoluto ma sempre e solo sognato. Un loro avvicinamento tardivo ha portato a un finale impensabile: Sophie ha un figlio affetto da fibrosi cistica, un divorzio alle spalle e una carriera cinematografica interrotta troppo presto.
Dalle poche mail di scambio il narratore comprende la sofferenza di questa donna e le dà un consiglio su come affrontare la malattia del figlio. Da qui ci saranno inevitabili conseguenze. Ecco a cosa porta la verità e la mancanza di tatto e di capacità di rapportarsi agli altri nel mondo di oggi.
Anche lo Scrabble funziona allo stesso modo: le parole diventano meri strumenti per accumulare punteggio, sono svuotate di ogni significato. Mentre il narratore segue schemi e percorsi logici anche nel linguaggio e nei rapporti con gli altri che lo portano quindi a scontrarsi con la morale, la difficoltà di affrontare la realtà, noi ci accorgiamo di quanto il nostro linguaggio sia limitante perché siamo noi a dargli significati, interpretazioni, sfumature oltre a non essere abbastanza per descrivere il mondo, le sensazioni, i sentimenti e le idee.
Lascio ai lettori il divertimento di scoprire la storia di questa famiglia insieme agli interrogativi che l’autore pone in questo breve romanzo: siamo il risultato di azioni concrete o un insieme di interpretazioni interne ed esterne?

Pubblicato originariamente su Il Pickwick.

Viviana Calabria


Emmanuel Venet
Fila dritto, gira in tondo
traduzione Lorenza Di Lella, Giuseppe Girimonti Greco
postfazione Éric Chevillard
Prehistorica Editore, Valeggio sul Mincio (VR), 2021
pp. 175

Presentazione del libro con i traduttori Lorenza Di Lella e Giuseppe Girimonti Greco.

L’editore del mese | Intervista a Claudia Tarolo, editrice di Marcos y Marcos

Marcos y Marcos è una casa editrice indipendente milanese, fondata nel 1981 da due ragazzi, oggi gestita ancora da uno di loro, Marco Zapparoli, e da Claudia Tarolo. Questo ottobre Marcos y Marcos è il nostro “Editore del mese”: aiutati da alcuni book-blogger andremo alla scoperta del dietro le quinte della casa editrice e di alcuni dei loro libri di maggiore successo. Oggi intervisto proprio l’editrice Claudia Tarolo per conoscere più a fondo il loro catalogo, il loro ruolo nell’editoria e per svelarvi qualche anticipazione sui progetti futuri.

 

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Istanbul attraverso i libri/Parti con Goodbook

Istanbul è una città immensa, carica di miti. Ora piange, ora ride.
Un intreccio di microcosmi. Di tempi e luoghi. Di ricordi e speranze.
Di dita rovinate, di labbra di rosa, di sguardi segreti…

La casa sul Bosforo di Pinar Selek

Istanbul è una di quelle città sognate ma (ancora) mai visitate, che stimolano il mio immaginario di amante di nuovo e diverso.

Per questo viaggio letterario nella città Orhan Pamuk è stato mia guida d’eccezione, grazie ai suoi ricordi di una vita trascorsa tra quelle strade: “per cinquant’anni sempre nella stessa casa”, insieme ad altri autori turchi. Continua a leggere “Istanbul attraverso i libri/Parti con Goodbook”

La città dell’amore/Cagliari e Grazia Deledda

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Grazia Deledda, prima donna Premio Nobel per la Letteratura, conosciuta soprattutto per il romanzo “Canne al vento”, è nata a Nuoro, in Sardegna. La sua terrà è stata una continua fonte di ispirazione per la sua attività di scrittrice, tanto che collaborò con Angelo de Gubernatis alla Rivista delle tradizioni popolari italiane, dedicando un suo saggio a quelle di Nuoro. Continua a leggere “La città dell’amore/Cagliari e Grazia Deledda”

Speciale SalTo18/Intervista a Viveca Sten

Viveca Sten, scrittrice scandinava di successo di “gialli nordici” da cui è stata tratta anche una fortunata serie televisiva, è al suo sesto libro della serie “Omicidi di Sandhamn” in patria, al quarto qui in Italia.
Al Salone Internazionale del Libro di Torino ho avuto la possibilità di incontrarla in occasione dell’uscita di “L’estate senza ritorno” per la Marsilio. Un ringraziamento all’autrice, che appena ha scoperto il mio nome vi ha trovato una divertente somiglianza, e a Chiara per la disponibilità.

In Italia il giallo nordico sta riscuotendo interesse e successo. Quale crede sia la ragione, considerando che sono molti gli autori nostrani a dedicarsi al genere?

Io credo che la ragione principale di questo interesse sia legata all’ambientazione; Stoccolma o l’isola in cui ambiento le mie vicende sono sconosciute e sono considerate esotiche, anche se il termine non si addice molto al clima del luogo. Oltre a questo è molto importante la costruzione dei personaggi: vengono date molto informazioni personali, sulla loro storia e il loro carattere, Diventano degli amici durante la lettura, anche perché ritornano in tutti i libri i protagonisti e quindi riesci a conoscerli a fondo.

Quale è il segreto della riuscita di una serie? Sicuramente l’evoluzione dei personaggi contribuisce ad appassionare i lettori.

Esatto, i personaggi. I lettori vogliono sapere cosa accade a Thomas e Nora e quindi aspettano il libro successivo. Perché le storie siano sempre diverse io reinvento, creo delle storie parallele alla principale, che si esauriscono nel testo o che proseguono, o creo un passato ai protagonisti e semino gli elementi nei diversi volumi così da far conoscere tutto delle loro vite, ma gradualmente. Un altro elemento che utilizzo, per esempio in questo ultimo libro, è l’utilizzo di diverse prospettive: oltre ai personaggi principali ci sono i molteplici punti di vista dei bambini su una stessa vicenda. L’obiettivo è sorprendere.

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I casi che descrive da dove hanno origine? Quanto si lascia influenzare dalla realtà e quanto dai media?

Le vicende sono tutte inventate, frutto della mia fantasia, ma alla base c’è molta ricerca. Io, poi, sono un avvocato quindi conosco bene come funzionano anche le indagini, quali sono gli elementi importanti e che sia fondamentale basare tutto sui fatti.
Nell’ultimo, in particolare, l’ispirazione mi è venuta nel 2011, durante la festa di mezza estate (proprio come nel libro) al porto sono stati trovati tre ragazzini ubriachi e una ragazzina, esattamente come la descrivo nel libro. Da qui ho iniziato a scrivere la storia come un puzzle a ritroso, andando cioè a immaginare come fossero arrivati lì in quelle condizioni.

Abbiamo accennato alla serie tv ispirata ai libri. Che riscontro ha avuto considerando il fatto che tanti sono i telefilm del genere e quanto ha aiutato la vendita dei libri?

La serie è stata vista da 80 milioni di persone, direi un buon risultato. Credo che il successo anche in questo caso sia da imputare alle immagini di paesaggi “esotici” e lontani dal pubblico, bellissimi e suggestivi, ma per quanto lontani rendono la relazione più vera. Per quanto riguarda i libri, non è comunque facile vendere.

“L’estate senza ritorno” oltre a essere un giallo affronta anche questioni universali e attuali, come il rapporto padre-figlio, i divorzi, l’alcol e la droga. Potremmo definirlo un giallo vicino al sociale? Come è la situazione nel suo Paese circa queste tematiche?

Sicuramente nei libri è importante inserire tematiche vicine al pubblico, quindi riferirsi molto alla realtà. I divorzi sono all’ordine del giorno un po’ in tutti i paesi, alcol e droga beh sono problemi comuni, purtroppo. Noto che gli adolescenti, probabilmente per le situazioni non facili in famiglia, soprattutto quando si tratta di famiglie allargate, si “bevono il cervello” non ancora sviluppato alla loro età, ma pensano già di avere tutte le risposte in tasca.