C’erano un inglese, un francese e una napoletana/Non conquistammo che sabbia

Il deserto è un oceano della terraferma e l’immagine dell’immensità.

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La possibilità, e la fortuna, di presentare libri di autori di cui eri ignara, spesso esordienti in case editrici piccoline e sconosciute, riserva delle sorprese: incontri interessanti, chiacchierate allegre e piccoli pezzi di scrittura brillante.

“Non conquistammo che sabbia” è il primo romanzo di Domenico Aliperto, giornalista, fotografo e viaggiatore. Attualmente si occupa di tecnologie, più di questo non so spiegare. C’è molto delle sue passioni in questo romanzo, storico e d’avventura, divertente e illuminante. Mi ha raccontato che è nato tutto da un gioco che gli hanno fatto fare a un corso di scrittura: aveva tre parole, budino, cammello e parrucchiera e con queste doveva creare una frase che avesse un senso. Nasce da qui l’incipit del romanzo, indicativo sia dello stile ironico dell’autore sia di uno dei personaggi più buffi della storia ma che subirà un cambiamento nel corso del viaggio.

“Venti giorni di giallo e torrido deserto. Le chiappe come un budino sbatacchiate sul dorso di un serafico cammello e in testa soltanto tre parole: acqua, bidè e parrucchiera.”

Madame De Cecco è una donna della nobiltà napoletana che decide di andare a vivere nella casa di Mondragone per allontanarsi dai genitori e dalle malelingue: è una donna consapevolmente ignorante, a quell’epoca non vi era alcun interesse a dare un’educazione scolastica alle figlie femmine poiché loro compito era quello di accudire poi i figli, dai costumi libertini. Aveva, dalla sua, una grande passione per i viaggi e le avventure che intraprendeva comodamente dal sofà durante le feste alla villa, in cui a essere invitati erano spesso personaggi di una certa levatura dediti all’azione. È proprio durante una di queste sontuose feste che incontrerà Archibald McFenzie e Roger Delacroix, il primo ambasciatore inglese il secondo gesuita francese dalla dubbia fede, e con loro, per la prima volta, il viaggio non sarà solo un sogno.

Inseguiti dai sicari del movimento dei Giovani Turchi, Delacroix e Madame raggiungeranno Napoli per salpare su una barca diretta a Tripoli. Qui la donna, che inizialmente era restia a partir con loro pur essendo in pericolo, inizierà il suo cammino verso il cambiamento:

“Napoli è assurda perché è un labirinto di facce. che cambiano come fossero pareti mobili e ti disorientano. Un attimo prima sembrano del tutto indifferenti. Paiono tramortite dal baccano delle strade, dalle urla dei venditori di pesce, dal cigolare delle carrozze. Non ti darebbero retta nemmeno se stessi morendo. […]
Ma volete sapere qual è il motivo vero per cui io penso che Napoli sia assurda? Perché nonostante tutte queste contraddizioni pazzesche, Napoli è di una bellezza senza fine. O forse è proprio per questo che Napoli è uno dei luoghi più straordinari che la nostra civiltà, in tutta la sua memoria, abbia mai conosciuto.”

Perché Napoli è così e chi ha tanto veduto non ha bisogno che di guardarsi intorno e ascoltare per avere piena consapevolezza di un luogo. Ma Madame ha preferito chiudersi tra le mura della villa e non guardare. Vuole partire ora, vuole poter dire anche lei che Napoli è assurda, o Parigi, o Londra.

Ma dalla bellezza di una descrizione così precisa della città, presto l’autore riporterà l’avventura su toni più ironici e buffi coinvolgendo il terzetto in avventure pericolose ma sempre raccontate con l’intermezzo di botta e risposta e battute, grazie anche al carattere della donna che metterà spesso nei guai i due uomini. Nonostante i suoi difetti, sarà impossibile non innamorarsi della nobildonna: così bella e appariscente, leggera nel modo di vivere, inconsapevole fino alla fine di quanto la realtà non sia come quella delle sue fantasie, ingenua ma capace di buoni sentimenti.

“Essere innamorati è roba da ragazzini. Amare una donna e non poterci stare insieme invece è straziante.”

Domenico Aliperto ha costruito un romanzo in cui tanti elementi si amalgamano tra loro: un po’ Indiana Jones con le sue avventure rischiose e assurde, un po’ romanzo storico con alle spalle uno studio notevole dell’epoca, con l’inserimento di aneddoti e notizie reali ma poco conosciute inserite sapientemente nel testo, un po’ commedia e romanzo ottocentesco. Raccontare la storia è impossibile, ma non vi son dubbi nel dire che si tratta di un esordio convincente e coraggioso, anche per la piccola casa editrice che ha deciso di investire su 700 pagine dense. Un complimento alla copertina e alla decisione di cambiare il titolo che, come dice l’autore, racchiude il senso ultimo della spedizione: non conquistammo che sabbia, ovvero che il piano si rivelò inefficace tanto che la guerra in Libia, purtroppo, non verrà evitata.


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Domenico Aliperto
Non conquistammo che sabbia
Bianca e Volta
Pagine 730
17.00 €
9788896400371

Lettere da Endenich

Non ha mai dormito da solo, dice, da quattordici anni non può dormire senza compagnia, come un bambino, deve sempre avere qualcuno accanto.

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Le prime notizie di Robert Schumann lo tratteggiano come un bambino spaesato perché si ritrova in un posto nuovo e senza le persone che gli erano accanto. Si potrebbe pensare a una semplice abitudine dovuta al vivere per tanti anni con una persona, se non fosse che in quel momento il compositore era stato portato a Bonn, al manicomio di Endenich, dove lui stesso aveva più volte chiesto di essere internato.

Ma cosa è successo al grande compositore tedesco? Filippo Tuena porta alla luce lettere e pagine del diario della moglie Clara, nel tentativo di ricostruire gli ultimi anni di vita di Schumann e di dare una spiegazione ai suoi stravolgimenti emotivi e mentali.

Tante congetture, molti tentativi di dare un nome alla malattia che lo aveva colpito, ma nessuna verità. Al di là della figura e del genio, quello che emerge è un ritratto spezzato, frammentato di un uomo che ha assistito, consapevolmente, alla deriva della sua mente. Affiora, dalle lettere, un animo raffinato e colto, un desiderio di ritrovare negli oggetti a lui cari, libri e partiture, un po’ di casa e di se stesso nella piena coscienza di sé.

Le lettere che scambierà con gli amici, la moglie e le figlie, permesse solo sei mesi dopo il ricovero, mostreranno uno Schumann che ricorda con affetto i suoi cari, ma un po’ distaccato. Basti pensare alla nascita di un figlio avvenuta quando lui era già a Endenich, di cui si rallegra ma che scompare poi nelle successive lettere. Chiederà spesso informazioni su amici che non vede più e manderà i suoi saluti, forse in un tentativo di non essere dimenticato. Ricorrenti sono i riferimenti ai lavori di due amici musicisti e della moglie Clara, importante sulla scena forse più del marito, che continuerà la sua carriera e accrescerà la sua fama. È incomprensibile la decisione dei medici di isolare completamente il musicista, considerato che le visite furono permesse tardi e la moglie lo vide soltanto due giorni prima della fine: la solitudine, soprattutto se imposta, non ha nessun effetto benefico su una persona. Schumann non parlerà mai di questo suo stato d’animo e del suo dolore nelle lettere, forse perché consapevole di esser lette prima dai dottori o per un vero e proprio distacco dalla realtà, di cui sembra accorgersi soltanto a tratti. E non è chiaro come una moglie, che si professa tanto innamorata e affranta per le sorti del marito, non abbia mai insistito per rivederlo. Dal carteggio e dalle pagine di diario emerge, anzi, una donna desiderosa di salire alla ribalta della scena, pubblica e privata, concentrando su di sé tutta l’attenzione; se, infatti, è Schumann a essere rinchiuso a Endenich senza possibilità di guarigione, sembra Clara la più colpita e la persona a cui riservare compassione per quanto accaduto. Nulla appare chiaro nella vicenda, e c’è un punto ancor più oscuro che si presta a diverse congetture:

30 dicembre [1854], lettera di Robert, una gioia e una afflizione assieme. San Silvestro sola con Johannes! Taccio sui sentimenti con cui entro nel nuovo anno e con cui mi sono lasciata alle spalle quello vecchio, pesante, indescrivibilmente infelice. Cosa porterà questo nuovo? Riuscirò a riavere la mia felicità? Riuscirò mai a ripossederla tutta intera? Che Dio lo conceda! 

La verità è lontana dal dispiegarsi, ma il lavoro di Filippo Tuena ha potuto dare ai lettori, conoscitori o meno dell’arte del maestro, l’idea di quanta sofferenza possa patire un uomo: di come sia possibile sopportare il  disfacimento di corpo e mente, in poco tempo, fino a non aver più capacità di comunicare se non attraverso parole strascicate, di non aver più la forza di suonare e di comporre come si è fatto per tutta la vita, di aver dimenticato la sua vita “fuori, di non avere risposte.
Che almeno i segni e le rotte sugli atlanti abbiamo lasciato spazio all’immaginazione di essere in altri posti, liberi, fuori dalle mura di una stanza. Non è, in fin dei conti, un desiderio che abbiamo tutti?

Una volta fece segno inequivocabile di volerla abbracciare, gettando un braccio intorno a lei. Da tempo non riusciva più a parlare normalmente, si potevano comprendere solo singole parole (più spesso un farfugliare). Già questo, però fu una fortuna per lei.


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A cura di Filippo Tuena
Robert Schumann, Lettere da Endenich
ItaloSvevo edizioni
Traduttore: Anna Costalonga
Pagine 108
13,00 €
ISBN: 978-88-99028-23-7

In Russia niente finisce bene/Red Notice

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Autore: Bill Browder
Traduttore: F. Lombini
Editore: Baldini&Castoldi
Pagine: 457
Genere: Narrativa
Anno edizione: 2016
Letto grazie a thrillernord

Red Notice – Scacco al Cremlino è una storia vera. Un resoconto dettagliato, urgente e disperato che Bill Browder, scrittore e protagonista, porta alla ribalta in quella che possiamo definire una autobiografia che attraversa almeno 20 anni di storia.

Conosciamo Bill da ragazzo, che per andare contro i suoi genitori, decide di intraprendere una carriera ben diversa dalla loro e frequenta la scuola di specializzazione in economia aziendale.
Dopo diverse occupazioni creerà l’Hermitage Fund diventando il maggiore investitore straniero in Russia. Un inizio difficile da seguire per me che di borsa ne comprendo poco, ma che ben presto, numero dopo numero, rivelerà il cuore della vicenda. Bill Browder avrà il coraggio di denunciare gli oligarchi russi, colpevoli di frode. In Russia niente finisce bene.

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In un susseguirsi di azioni legali, di tentativi da parte dei russi di eliminare dalla scena Browder con false accuse, la vicenda raggiungerà il suo culmine con l’arresto di Sergei Magnitsky, suo avvocato e amico che lo sosterrà nella sua lotta. Mentre Browder verrà espulso dal Paese senza potervi rientrare, Sergei verrà prelevato e arrestato senza accuse. Verrà trascinato di carcere in carcere, in condizioni senza più precarie, con gravi problemi di salute e senza assistenza medica.
Bill dagli Stati Uniti combatterà strenuamente, senza paura, a rischio della propria vita e con tutti i mezzi a sua disposizione: utilizzerà a suo favore la stampa, i primi video su youtube che sono ancora online, qualsiasi conoscenza. Nessuno può fermarlo. Si crogiola nei sensi di colpa. Ma in Russia niente finisce bene.

Red Notice mostra in tutta onestà e trasparenza quanto sia difficile e utopico un mondo in cui le regole vengano rispettate, in cui le ingiustizie vengano punite e non si giri lo sguardo dall’altra parte. Perché non è solo la Russia. È ovunque. In ogni parte del mondo il più forte vince sul più debole, i soldi aprono possibilità ai più sconosciute, la giustizia non è sempre dalla parte giusta e per far aprire gli occhi bisogna combattere fino allo stremo. Per far aprire gli occhi c’è bisogno di vittime.

Bill Browder è fondatore e CEO di Hermitage Capital Management, società consulente del più cospicuo fondo straniero di investimenti in Russia fino al 2005, quando a Browder è stato negato l’ingresso nel paese in quanto “minaccia per la sicurezza nazionale” – una reazione alla sua lotta contro la corruzione. Dopo l’espulsione, le autorità russe hanno fatto irruzione nell’ufficio di Browder e hanno poi confiscato le compagnie coinvolte nel Fondo Hermitage, mettendo le mani su 230 milioni di dollari di tasse precedentemente versate. Quando l’avvocato di Browder, Sergei Magnitsky, ha indagato sull’accaduto, è stato arrestato dagli stessi funzionari coinvolti, torturato per quasi un anno e ucciso in carcere all’età di 37 anni, nel novembre 2009.

Da allora Browder ha lottato per avere giustizia sulla morte di Magnitsky. Il governo russo ha prosciolto e persino promosso alcuni dei funzionari coinvolti, così Browder ha portato il caso al Congresso degli Stati Uniti, che nel 2012 ha adottato il Magnitsky Act. A seguito del provvedimento, ai responsabili della detenzione e della morte di Sergei Magnitsky sono stati imposti il divieto di ingresso negli Stati Uniti e il congelamento dei capitali nel paese. Il Magnitsky Act è il primo caso negli Stati Uniti, in 35 anni, di sanzione verso la Russia, ed è diventato il modello di ogni sanzione successiva tra Stati Uniti e Russia. Browder attualmente sta lavorando perché in nome di Magnitsky provvedimenti simili siano adottati dai paesi dell’Unione Europea.

Arrivo a Trainville di Alain Voudì

Hell’s Hollow, la “valle dell’inferno”: un territorio velenoso, mortale per le radiazioni. Eppure è lì che gli indiani Navajo trovano il loro sostentamento: raccolgono la sabbia e la rivendono ai ricchi mercanti bianchi. È proprio da quella sabbia che i bianchi estraggono l’energia nucleare che fa muovere i grandi treni-città come Trainville, migliaia di grandi vagoni che viaggiano su binari quadrupli, girando tutti gli Stati Uniti in un’orbita senza fine che va da Boston alla California e viceversa.

Ma un giorno Serpe Veloce trova qualcos’altro nello Hell’s Hollow. Una bambina bianca, sperduta, senza memoria, senza passato. È così che comincia la nuova vita di Joanna, alla scoperta del mondo e delle sue città viaggianti.

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In una piccola cittadina dell’Arizona, Liberty City, facciamo la conoscenza della piccola Joanna e del suo autoritario padre. Ma perché Liberty City? Una cittadina “maledetta”, con le sue Sabbie e il suo misterioso Deposito? Bella domanda! La storia in realtà non è ambientata qui, ma mi ci sono soffermata per un motivo ben preciso, che forse farà piacere all’autore: quando Joanna urla, io sussulto. Sarà un buon segno ai fini del coinvolgimento del lettore? 

Ecco che ci ritroviamo ad Hell’s Hollow, un anno dopo, con la piccola Joanna in fin di vita a causa della Sabbie radioattive. In questo posto “maledetto dagli Spiriti” facciamo la conoscenza di Serpe Veloce, membro dei Navajo, un ragazzo di buon cuore che riuscirà a salvare la piccola Joanna. 
Inizia così la sua avventura a Trainville. 
Trainville, come potete immaginare dal nome, è una città vera e propria, su di un treno. Probabilmente non è una novità per chi conosce il genere, ma per me è una cosa totalmente nuova. Vagoni su vagoni in cui scorre la vita di tante persone, la loro quotidianità. 
La piccola protagonista viene messa alle dipendenze di Mister Pennyworth, nel vagone 47. In cambio della sua libertà, Joanna decide di andar via da Hell’s Hollow ma è una clandestina perché non residente a Trainville, dovrà lavorare come domestica insieme a Miss Waters. 
Veniamo a sapere che Joanna non ricorda nulla del suo passato; non ricorda come si è ritrovata nelle Sabbie, non ricorda da dove viene. Non ricorda nemmeno di saper leggere o di conoscere le tabelline! Proprio in merito a questo punto, il suo datore di lavoro scoprirà queste sue capacità e riuscirà a farle amare i libri. Ho apprezzato molto questo passaggio da amante della lettura!

«”Le avventure di Tom Sawyer” lesse. “Sarebbe lui, Tom Sawyer?” chiese, indicando il ragazzo nella figura.
“Questo dovrai scoprirlo leggendo”.
“Mark Twain” osservò ancora. “È uno scrittore famoso?” 
“No, direi proprio di no: tra l’altro non si chiama nemmeno davvero Mark Twain. Però è un tipo simpatico. L’ho conosciuto qualche mese fa, proprio qui a Trainville: era in vacanza, e mi ha lasciato quella copia perché ci dessi un’occhiata. È il primo libro che scrive, e ne va molto fiero. Io penso che abbia ragione di esserlo: secondo me ti piacerà”».
I personaggi mi piacciono molto; la protagonista è una bambina coraggiosa, curiosa nonostante si ritrovi catapultata in un mondo non suo, senza alcun ricordo. Mister Pennyworth è, come vedrete, un personaggio buono, ma piuttosto ambiguo. Spero di scoprirne di più negli episodi seguenti.
Lo stile di Alain, che riflette gli anni in cui è ambientata la storia, sa di antico: mi piace molto perché descrive accuratamente le situazioni e i luoghi; non risulta mai pesante.
Unica pecca? La storia divisa in puntate!