Viaggiare salda i rapporti/In fuga con la zia

20170419_111802 (1)Il nome di Miriam Toews era capitato più volte davanti ai miei occhi, ma non mi ero mai decisa a immergermi nella lettura delle sue opere. Poi, a poca distanza dalla nuova pubblicazione Marcos y Marcos, la curiosità vince e la casa editrice mi omaggia di “In fuga con la zia”.

Credevo di trovarmi davanti a una commedia, un viaggio on the road stile americano (Kerouac per citarne uno conosciuto) alla ricerca di se stessi. La Toews crea una storia che gioca sull’assurdo e sul grottesco di alcuni incontri e sulla necessità di scappare da una situazione che sembra insormontabile e dolorosa.

La fuga del titolo quindi c’è, mascherata da ricerca di un padre che è stato costretto ad abbandonare la famiglia e a rifarsi una vita, ma che ora è necessario ritorni al ruolo che gli spetta di diritto. Mascherata perché Hattie, la zia che correrà dai nipoti, non ha la capacità di prendersi cura di loro e della sorella, mascherata perché Min, in ospedale, i figli non vuole vederli più.

«Min è inchiodata a letto, tira avanti a siluretti blu, convinta che un milione di automobili metallizzate stiano per piombare su di lei, Logan passava guai a scuola per via di certe storie inquietanti che scriveva, Thebes si era spacciata per Min al telefono con il preside, la casa cadeva a pezzi, la controporta del cortile era volata via, una famiglia di topi feroci si era installata dietro il pianoforte, i vicini erano stufi di ritrovarsi asce in cortile ogni due per tre… in sostanza, le cose stavano sfuggendo di mano. E Thebes ha soltanto undici anni.»

E allora zaino in spalla, si parte su un vecchio furgone con Hattie, Logan e Thebes, ognuno col suo bagaglio di preoccupazioni e di incertezze. La zia Hattie è tornata da Parigi dopo essere stata lasciata, ancora troppo legata a lui ma conscia di avere un ruolo importante nella vita dei due ragazzi. Ricorda che alla sua nascita Min ha cominciato a “viaggiare temporaneamente in due direzioni opposte, verso l’infanzia e verso la morte”, sentendosi in colpa per qualcosa che non comprendeva.
Logan è il nipote più grande, chiuso nel suo mondo di musica e basket, in piena tempesta ormonale e ancora molto confuso, che sente gravare su di sé il peso della sorella e di una vita che non ha scelto.
Poi troviamo la piccola Thebes, il personaggio per me più riuscito. 11 anni, capelli colorati, vestiti sempre appiccicosi, ha una rapporto strano con la pulizia. Adora disegnare, ma soprattutto parlare.

«Thebes è diventata una macchina parlante. Forse si propone di usare tutte le parole che Min ha abbandonato, prendendo qualsiasi cosa le passa per la testa, pensiero, fatto, idea, per trasformarlo in suono, rumore, vita.»

Ama la madre e non riesce a comprendere il suo male. Ancora troppo piccola per pensare a sé, passa da momenti di maturità ad altri in cui dimostra la sua vera età. “È chiaro che Thebes passa molto tempo ad ascoltare sua madre, a sforzarsi di capire, a cercare uno spiraglio.” 

Miriam Toews dà vita a un microcosmo all’interno del furgone in cui i tre protagonisti sono costretti a confrontarsi attraverso poche parole e più silenzi, a sostenersi a vicenda e, perché no, a crescere. Tra incontri comici e strani, il viaggio raggiunge il punto di arrivo e intanto Thebes è riuscita a farti sorridere e a spezzarti il cuore.

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La fine di un mondo/La memoria di Old Jack

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Lindau 

«Quando aveva sei anni, la mente di Jack aveva già acquisito uno dei suoi atteggiamenti caratteristici, quello di voltare le spalle alla casa, alle perdite, ai fallimenti e alle limitazioni della sua storia per volgersi verso la terra, verso i boschi e i campi della vecchia fattoria, nei quali avvertiva già schiudersi in una sconfinata promessa di abbondanza.»

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