“Speranza”
è quando vuoi che qualcosa accada.
Ma lo devi volere davvero tanto affinché accada davvero.
Credo che speranza sia la parola giusta per descrivere l’esordio di Peppe Millanta, un romanzo malinconico e delicato in cui ogni personaggio ha ormai dimenticato cosa significhi essere felici.
Dinterbild “è dove si arriva quando si decide di seppellire tutto. E dove, alla fine, si dimentica persino quando e perché si è venuti”. L’autore costruisce un posto immaginario, un piccolo paese abitato da 60 persone, circondato dal mare. Nessuno vi esce e nessuno vi entra, o meglio vi ci scivola dentro senza sapere come. Dinterbild, a pensarci, potrebbe rappresentare la nostra mente: uno spazio chiuso da certezze, delusioni, idee che ci siamo costruiti con l’esperienza e che soltanto attraverso i sogni raggiunge l’Altrove. Ma dai sogni ci si risveglia sempre.
Vinpeel, protagonista del romanzo, è un bambino solo. Ha un amico immaginario, Doan, e un padre che non ha mai tempo per lui, sempre occupato e preoccupato, lo incontriamo soltanto di sera quando, una volta scritta l’ultima parola, chiude la lettera in una bottiglia e la lascia nel mare. Poi raccoglie conchiglie e le porta con sé.
“Perché quello che Ned Bundy collezionava non erano le conchiglie, ma il rumore del mare che avevano dentro. Le storie che portavano.”
Ned Bundy porta un grande dolore dentro di sé, tanto grande da coprire tutto il resto e non accorgersi dei tentativi di Vinpeel di raccontare la sua di storia al padre, e allora sceglie di farlo nel solo modo che il padre conosce: sussurrando alle conchiglie nella speranza che il padre raccolga e ascolti proprio le sue.
Il mare è un altro grande protagonista del romanzo: è ciò che divide il paese da tutto il resto, è il mezzo con cui inviare messaggi, è violenza, è pensiero. Il mare esiste per essere un confine da superare, perché qualcosa esiste anche se tutti cercano di non saperlo e giudicano matto colui che tenta di volare per andare via da lì. Vinpeel, con l’ingenuità della sua età e con la speranza, tenterà di trovare l’Altrove cercando nei modi più bizzarri: con una fionda o svuotando il mare. Lui lì ci è finito per sbaglio, perché affidato al padre, e non riesce a capire come i suoi concittadini non vogliano scoprire il mondo.
“A volte le vite dei grandi si inceppano, Vinpeel. Anche quelle che andavano una meraviglia possono incepparsi da un momento all’altro. E il più delle volte non si riesce a farle andare avanti neanche di un metro. Puoi stare lì a spingerle per ore, puoi anche farti aiutare da chi ti vuole bene, ma non si riesce proprio a farle ripartire. […] Perché capita di perdere l’occasione per essere felici.”
Che questo libro possa essere quella spinta ad accettare il passato, il dolore, ciò che è finito e non tornerà nella consapevolezza che altro ci aspetta; che la felicità la si può trovare guardando con occhio diverso la vita e andando sempre avanti, passo passo, senza fretta ma aggiungendo un tassello dopo l’altro ai giorni. Guardandosi intorno, a chi ci vuole bene ha bisogno di noi, perché può riempirci.