Quanta, quanta guerra…

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Mercè Rodoreda non la conoscevo. Grazie alla casa editrice ho potuto scoprirla nella sua ultima prova letteraria, scelta da me anche per la sobrietà della copertina, che sembrava fare contrasto con la trama. Mi aspettavo di trovarla la guerra, di leggere di morti, di sangue con un linguaggio più crudo e realistico. Invece ho dovuto rileggerlo il libro per assorbirlo meglio.

Rodoreda, come dirà nel prologo, ha scelto di lasciarla sullo sfondo questa guerra che accompagnerà il protagonista, un ragazzino di nome Adrià, che decide di fuggire dalla sua casa dopo la morte delle sorelle, per conoscere il mondo che è al di fuori del suo paese. Un bambino che non conosce cosa c’è davvero fuori ma che ha voglia di scoprirlo, spesso a proprie spese. «Adrià Guinart è l’antieroe. Mi è venuto così. forse perché non credo molto agli eroi; ovvero, anche se ci sarà sempre, da qualche parte, un atto di eroismo, penso che l’eroe o è un uomo in preda al panico che reagiste per salvarsi da un pericolo o è un pover’uomo che ha bisogno di realizzarsi, di compensare la propria mediocrità. Gli eroi antichi erano stati bambini non voluti e abbandonati per evitare che si avverassero i disastri annunciati per loro dagli dèi.» 

Adrià decide di andare in guerra e parte con dei ragazzini più grandi, ma ben presto lo troveremo vagare da “disertore”. Il libro si dipana attraverso singoli episodi, narrano di incontri e di sensazioni e non c’è una vera trama. Il senso di desolazione e di miseria si percepisce da piccole cose, frasi, sensazioni, paesaggi e in particolare dai personaggi che il protagonista incontra: alcuni gentili e ospitali, altri crudeli. Rodoreda riesce anche a parlare di amore in questo libro, quello delicato dei bambini, in mezzo a uomini feriti, impiccati e corpi che galleggiano nel fiume. Ciò che maggiormente risalta è il linguaggio, lo stile dell’autrice: sembra di essere sospesi in uno stato di dormiveglia, in un mondo parallelo infestato da strane persone. Una favola dai tratti neri.
«Tanti occhi dolci, tanti occhi tristi, tanti occhi sorpresi, tanti occhi disperati.»

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Libri nei libri: All’interno del testo l’autrice fa riferimento a un famoso libro di Jan Potocki da cui è stato tratto anche un film, Manoscritto trovato a Saragozza, del regista polacco Hans. “Uno dei film più originali, più poetici, più straordinariamente fuori dal comune che avessi mai visto.”
Altri testi citati sono: Nella colonia penale di Franz Kafka, Abele e Caino di Charles Baudelaire e Messa sul mondo di Teilhard de Chardin.

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