“Dunque la donna ha bassa autostima perché non ha un sesso, è bucata, e sente il richiamo di un pene che tappi le sue mancanze (spazi vuoti dove dovrebbe esserci un organo sessuale).”
Sono convinta che sia fondamentale trovare il giusto modo per raccontare. Ogni genere letterario può far risaltare un elemento o uno stile del tema, e ciò funziona particolarmente per “Il frutto della conoscenza” di Liv Strömquist, pubblicato da Fandango. Attraverso la graphic novel, infatti, l’ironia irrompe con forza e spietatezza in un tema ancora oggi di difficile trattazione; immaginare un saggio che dia spiegazioni storiche e scientifiche non avrebbe lo stesso impatto oltre a raggiungere un pubblico certamente minore.
L’autrice ha compiuto un lavoro documentatissimo sull’organo sessuale femminile, quella parte delle donne così bistrattata e ridicolizzata che ha reso la sessualità femminile qualcosa di cui vergognarsi. Attraverso alcuni personaggi della storia l’autrice mostra come questo organo sia stato troppo studiato e considerato la causa, per esempio, della disubbidienza delle donne o del mal di testa, oppure era qualcosa di impuro perché richiamava al peccato originale; anche nella caccia alle streghe l’organo genitale venne visto un marchio del diavolo. Un altro problema che viene portato alla luce riguarda la conformazione dell’organo e, da qui, l’uso errato dei termini scientifici delle varie parti: nasce da questo particolare fondamentale l’idea che la donna abbia “un buco” che vada, quindi, riempito annullando così l’esistenza di una parte interna e di una parte esterna dell’organo; la psicologa Harriet Lerner sostiene che questo portò le giovani donne dell’epoca a ritenersi malformate.
La sessualità femminile è stata oggetto di enormi ingiustizie: durante l’illuminismo il piacere e l’orgasmo per la donna vennero giudicati non necessari, soprattutto perché non servivano per procreare, e portò anche alla secolare distinzione tra orgasmo vaginale e orgasmo clitorideo. Non è difficile capire che la masturbazione divenne un tabù e che le donne che non raggiungevano il primo erano sbagliate: vi ricorda qualcosa? E le mestruazioni che, ancora oggi, vengono viste come qualcosa di immondo, sporco?Eppure la Strömquist dimostra come, in tempi antichi, l’organo femminile, la vulva, veniva raffigurata in tantissime statue poste a protezione di case e chiese: veniva venerata e considerata sacra. Stessa cosa succedeva per il ciclo: è stato utilizzato, ad esempio, come elisir d’amore o per guarire da malattie.
Non sembra quasi di essere regrediti? Come si dice: “un tempo si stava meglio”.