
Santa Mazie io lo immaginavo diverso. Credevo che il personaggio a cui Jami Attenberg ha dato voce attraverso la sua scrittura fosse una donna diversa; fortemente credente, con una vita dedita al volontariato e uno stile di vita sobrio. Ho immaginato un romanzo che raccontasse proprio di questo, di opere caritatevoli. Ho trovato qualcosa di completamente inaspettato.
La scelta di raccontare di Mazie Phillips, donna esistita realmente, soprannominata “Regina della Bowery”, attraverso un diario immaginario la reputo perfetta: pochi episodi ma che fanno capire tanto della sua personalità e della sua vita, inframmezzati da interviste fittizie di personaggi che in qualche modo hanno avuto contatti con lei e una autobiografia non reale.
Perché ho detto che ho letto qualcosa di inaspettato? Perché Mazie di opere buone ne ha fatte: ha aiutato i senzatetto che vivevano sulla sua strada dando loro i suoi risparmi per cibo e alcool, del sapone per lavarsi, ha chiamato l’ambulanza ogni volta che qualcuno di loro era in seria difficoltà, ma soprattutto ha dispensato sorrisi. Perché nel diario viene fuori una donna di una bellezza particolare, prosperosa, fumatrice accanita, amante delle bevute, costretta in una gabbia a vendere biglietti tutto il giorno prima di camminare nella sua città e aiutare gli altri, legata alla sua famiglia, senza relazioni stabili. Non è il ritratto che mi aspettavo dalle poche notizie che avevo prima di approcciarmi alla lettura.
Tante di queste persone provenivano da caos e tragedie, non avevano avuto un bell’inizio di vita. Avresti dovuto avere il cuore di pietra per non provare qualcosa per loro, per non dargli una monetina o due dopo aver ascoltato una delle loro storie. Famiglie che non se ne curano o che li picchiano. Niente a cui attaccarsi se non la bottiglia. Non mi ero mai resa conto di essere stata fortunata ad avere una famiglia che mi amava come mi ha amato. Qualche volta i familiari mi hanno tenuta troppo controllata, ma non hanno mai permesso che finissi per la strada.
Mazie, nella ricostruzione verosimile della scrittrice, inizia il diario all’età di 10 anni, quando la sorella maggiore Rosie la porta con sé, insieme all’altra sorella Jeanie, per strapparla dal padre violento e da una madre vittima e incapace di fare alcunché.
Mazie era quella da tenere d’occhio, poi si è scoperto che la ribelle è la più piccola, che per il ballo lascerà la famiglia.
Mazie è la ragazza, e poi donna, sostegno della sorella più grande, profondamente ferita, sempre bisognosa di certezze.
Mazie è la donna che negli anni ’20 e ’30, nel periodo del Proibizionismo, cercherà di vivere appieno la sua libertà e il suo essere donna: alcool, amanti, sfoggio della sua femminilità.
Mazie desidera l’amore ma è come se sentisse di non poterlo avere, di fare un torto alla sua famiglia.
Mazie che soffre per la perdita di un figlio che non può tenere.
Mazie è l’amica di una giovane suora.
Mazie è l’amica di tutti coloro che si mettono in fila per comprare un biglietto.
Mazie è la persona che sogna di andare lontano, ma ama profondamente New York e le sue strade.
Mazie attrae e allontana.
Mazie è tanto oltre a essere la “santa” che aiuta chi è in difficoltà.
Una storia che non ha nulla di apparentemente speciale, ma è questa la sua forza: descrive la vita di una persona semplice, che non ha neanche avuto una vita facile, che si diverte ma che sa fare del bene. È un esempio di altruismo senza secondi fini, di generosità e umanità che non derivano per forza da persone di fede o con uno stile di vita impeccabile (chi lo ha). Un romanzo/diario che descrive i desideri e i sogni di una donna, il suo amore impossibile, ma che riesce anche a descrivere, con poche frasi e tanta umanità, cosa significava vivere durante il periodo del Proibizionismo e dopo il crollo di Wall Street, quando anche i vecchi ricchi si sono ritrovati in strada, in quella strada tanto amata e così diversa, con chi in difficoltà ci era già: in quel caso si diventa tutti uguali, ma poi?