MaratonaZafón/Il prigioniero del cielo

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«Quella notte le ho raccontato soltanto una piccola parte della storia, Daniel.»
«Credevo che si fidasse di me.»
«Io, a lei, affiderei la mia vita a occhi chiusi. Non è questo. Se le ho raccontato solo una parte della storia, è stato per proteggerla.»
«Proteggermi? Da cosa?»
«Dalla verità, Daniel… Dalla verità.»

Questa è la storia di Fermin Romero de Torres. Del suo passato e di quello che lo ha portato a ridursi in quello stato tra le strade di Barcellona, come Daniel lo ha conosciuto da bambino.

Ma è anche la storia di David Martin e di Daniel, in un certo senso. Tre storie che si intrecciano e che hanno la loro origine a Montjuic.

«Qui si muore semplicemente stando qua rispose il numero 12. Non c’è bisogno di molto altro.»

Sulla collina di Montjuic è stato edificato un carcere. Nella storia, ambientata nel 1939, sarà Mauricio Valls, uno scrittore a cui erano state promesse grandi cose dopo il matrimonio di interesse, ma invece di promuoverlo a direttore della Biblioteca Nazionale, fu inviato alla prigione di Barcellona. È qui che Martin e Fermin si conosceranno, prima di notte, attraverso le sbarre, e poi nelle ore di aria.

Martin, considerato “fuori come un balcone” verrà però tenuto in maggior considerazione da Valls poiché, pur scrivendo “spazzatura” è in grado di arrivare alle masse. Valls gli chiederà di modificare i suoi libri “di alta letteratura” in modo tale da poter essere letti e compresi da tutti e fargli raggiungere la tanto agognata fama. Vi ricorda vagamente qualcosa?

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Un giorno come tutti gli altri in quella cella, la vita di Fermin subirà dei grandi cambiamenti. A causa della guerra le carceri saranno costrette a ospitare prigionieri in eccesso, quindi ogni cella verrà condivisa. Il nostro Fermin la dividerà con Salgado, un uomo ridotto uno straccio ma che nasconde un piccolo tesoro. Il nostro Fermin verrà chiamato dal signor direttore e dovrà, per lui, carpire informazioni dal suo compagno di cella e dallo stesso Martin in cambio di un migliore trattamento. Altrimenti incontrerà Fumero. Ma Martin ha un piano per farlo uscire di prigione in cambio di una promessa: «Se riesce a fuggire, le chiedo, se le è possibile, di prendersi cura di lei. A distanza, senza che Isabella lo sappia, senza che sappia neppure che lei esiste. Le chiedo di badare a lei e suo figlio, Daniel. Lo farà per me, Fermin?»

Una storia dura quella di Fermin, quel personaggio così particolare, un po’ angelo custode e grillo parlante di Daniel, costretto a una sofferenza che non scalfisce la sua gioia di  vivere, di innamorarsi ancora e di aiutare. Zafón si conferma un ottimo narratore, intesse una storia verosimile e che riesce a tenere desta l’attenzione pur essendo sotto tono rispetto ai precedenti romanzi. Non si ravvisa più quell’aria misteriosa di Barcellona, non si sente più quell’odore di libri e di magia che ho avvertito nel suo capolavoro. A differenza degli altri due testi, poi, la storia perde di significato se letta senza conoscere i personaggi che la animano. Lui stesso la definisce la storia più “leggera” e trovo poco funzionali alla trama le parti del libro che trattano il rapporto di Daniel e Bea, la gelosia che nasce tra i due che diventa poi un tassello di tutto l’intrigo, un po’ forzato.

Non mi aspetta che concludere la saga, perché le cose vanno fatte per bene.

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