Buongiorno e buon fine settimana lettori!
Ho ripreso da pochi giorni a occuparmi del blog e siamo vicini al Natale così ho pensato: “Ma se consigliassi dei libri”? So quanto sia difficile regalare libri a un lettore, difatti io dico esplicitamente cosa mi piacerebbe leggere, così son sicura di non trovarmi qualcosa di tanto lontano dai miei gusti. Lo scopo di questo speciale è quello di farvi conoscere alcuni bei libri recenti, in modo da non farvi perdere nel mare magnum delle pubblicazioni, grazie all’aiuto di blogger, lettori, giornalisti ed esperti del campo.
Le regole sono semplici: 5 libri consigliati, 4 pubblicati negli ultimi 3 anni e 1 classico. È importante che venga motivata la scelta.
I primi consigli sono di Roberta Campanella del blog What we talk about when we talk about books?
Non è stato per nulla semplice mettermi qui, a tavolino, davanti al pc e scegliere 5 libri da consigliarvi. Dal momento che quattro di essi dovevano essere stati pubblicati negli ultimi tre anni, mi sono detta «Diamo uno sguardo al blog»; anche perché vatti a ricordare, tra tutti i libri che hai letto, quali sono stati pubblicati negli ultimi tre anni.
Bene, non è servito quasi a nulla, soprattutto perché ci sono certe opere che mi rimangono talmente tanto dentro che difficilmente riesco a parlarne a mente lucida sul blog, e pertanto finisco per non parlarne affatto.
Fare avanti e indietro dalla libreria è stato dunque d’obbligo, e con questo possiamo dire di aver fatto cardio per oggi. Alla fine la mia lista, tra cancellature e ripensamenti, atroci dubbi e sensi di colpa per avere lasciato fuori qualcuno che non avrei voluto, è questa. Credo che non sia un caso il fatto che tre autori su cinque siano donne, che un autore parli di una donna, e infine che il classico scelto sia uno la cui materia è talmente universale da travalicare i generi, lo spazio e il tempo.
Grazie mille a Viviana e al suo spazio, Emozioni in front, per avermi ospitata.
L’invenzione della madre – Marco Peano (minimum fax 2015)
Opera prima di Marco Peano, già così perfettamente compiuta e di delicata bellezza. Scritto in terza persona, in forma diaristica racconta il percorso di un giovane uomo, Mattia, che accudisce la madre malata terminale, colpita dal cancro più di 10 anni prima.
Mi ha accompagnato in una primavera densa di cambiamenti e di dubbi, e mi ha aiutato a scagliarli lontano da me stessa per osservarli e capirli meglio.
Questo romanzo è per chi, prima ancora di aver perso qualcuno ha innanzitutto perso se stesso, e cerca con tutte le forze di ritrovarsi in questa mancanza.
«Un figlio che muore, per un genitore è come un film che hai visto dall’inizio e del quale sei certo di sapere tutto. Un genitore che muore, per un figlio è come un film che hai visto da metà e del quale sei certo di ignorare molto.»
Le cose che restano – Jenny Offill (NN editore 2016)
Ad essere rigorosi questo romanzo è stata scritto molte lune fa, ma è giunto soltanto la scorsa primavera nel nostro Paese, grazie al meraviglioso lavoro della NN editore. Jenny Offill è una scrittrice americana che possiede una qualità essenziale: l’innocenza della prosa. Non ci sono artifici, né mediazioni in lei, neanche quando deve raccontare la storia di una bambina, Grace, e di una madre, un vortice instancabile di vitalità, gioia, fantasia, ma che sente costantemente mancarle qualcosa, in un perpetuo oscillare tra gli estremi della vita.
Questo romanzo è per chi per sempre nella propria vita sentirà dentro di sé battere il cuore di un bambino, pronto a tuffarsi in mille avventure.
«Quando ero molto piccola, mia madre cercò di insegnarmi a volare. Mi mettevo in cima alle scale e aprivo le ali. Mia madre mi aspettava sotto con le braccia aperte. «Vola» diceva, e io mi lanciavo in aria. La mamma mi prendeva sempre. «Avevo paura che volassi troppo lontano» diceva, mettendomi a terra.»
Carne viva – Merritt Tierce (Sur 2015)
Quanto la carnale fisicità del nostro corpo condiziona le persone che siamo e i sentimenti che proviamo? È difficile, quasi impossibile, dare una risposta a questo interrogativo. Ci hanno insegnato da sempre che non siamo soltanto carne, ma anche spirito. Ma quanto una parte può avere la meglio sull’altra?
È quello che cerca di indagare Merritt Tierce, raccontandoci la storia di Marie, che da adolescente destinata a Yale si è trasformata in una giovanissima ragazza madre, e che il proprio corpo non riesce a sentirlo, a meno di lanciarsi in esperienze autodistruttive come la cocaina e una sessualità tanto instabile quanto portata agli estremi. Solo così la sua carne diventa davvero viva, e conseguentemente anche Marie stessa ritrova la vita.
Questo romanzo è per chi vive di costanti sensazioni contrastanti, sul proprio corpo e nella propria anima. Per chi almeno una volta nella vita ha bramato una possibilità di riscatto.
«Non sono una madre pensavo, mentre mi dirigevo al secchio dell’immondizia. Puoi comunque scoparti un sacco di gente, mi diceva Calvin, ma divertendoti. Fallo per te stessa, fallo per il piacere. O quantomeno fallo con le dovute precauzioni. Ma non era una questione di piacere: era che alcuni tipi di dolore sono il perfetto antidoto per altri.»
La tua presenza è come una città – Ruska Jorjoliani (Corrimano Edizioni 2015)
Dall’opera di Boris Pasternak è tratta la citazione che ha dato vita al titolo del primo romanzo di Ruska Jorjoliani, giovanissima scrittrice nata in Georgia e mia concittadina, che ha saputo accogliere in sé, con enorme personalità, il meglio della tradizione letteraria russa e georgiana. In questo libro troviamo tre generazioni a susseguirsi e a confronto, settant’anni di Storia (dagli albori della Rivoluzione Sovietica fino agli ottanta del secolo scorso), una Russia, tante Russie, una storia, tante storie, reali e possibili, in una commistione di generi e voci che lascia incantanti, e che lancia il lettori in universi sconosciuti.
Questo romanzo è per chi ama le visioni collettive, per chi ha scelto per sé un fratello elettivo con cui attraversare la vita ed è sempre in grado di colmarne la lontananza.
«Questa è, a tutti gli effetti, una storia russa e le storie russe, salvo poche eccezioni, non sono mere passeggiate nei viali tranquilli, di uno Tsarskoe Selo, ma sono spesso dei passaggi accidentati nei vicoli maleodoranti di un Tambov o di una Odessa, punteggiati qua e là da qualche cadavere, sopra o sotto i ponti, dentro o sotto i treni […] Ma ho scoperto presto che, russa o non russa, è una storia, questa, di illusorie trame tessute e sciolte, ritessute e risciolte, che si protrae miseramente da millenni e che non avrà forse fine.»
Il giovane – J. D. Salinger (Einaudi, pubblicato la prima volta nel 1951)
La scelta del classico da consigliarvi è stata forse quella più ardua. Ma tra tutti, non ho potuto non scegliere quello che più ha segnato il mio immaginario e la mia carriera di lettrice. Quello nel quale, davvero, ciascuno di noi, in ogni momento della vita in cui siamo alla ricerca di un nostro posto nel mondo, non possiamo non rispecchiarci.
Tutti noi siamo il giovane Holden Caulfied. Tutti noi, prima o poi fuggiamo da noi stessi e proviamo a sperimentare idee ed emozioni spesso intraducibili al di là della nostra mente. Tutti noi, prima o poi facciamo ritorno alla parte più autentica dell’esistenza, l’infanzia nella quale abbiamo sperimentato quel sogno di salvezza che disperatamente ricerchiamo per noi stessi. Il peregrinare di Holden tra le strade di New York, le sue domande sempre senza risposta («Mi saprebbe dire per caso dove vanno le anatre quando il lago gela? Lo sa, per caso?») , la paura, l’incontrollabilità dei pensieri e delle azioni, ci appartengono.
Questo è uno di quei classici che andrebbe riletto in ogni periodo di transizione della vita, quando tutto sembra perduto, per ricordarci che possiamo essere «l’acchiappatore nella segale» di noi stessi.
«Ad ogni modo, mi immagino sempre tutti questi ragazzi che fanno una partita in quell’immenso campo di segale eccetera eccetera. Migliaia di ragazzini, e intorno non c’è nessun altro, nessun grande, voglio dire, soltanto io. E io sto in piedi sull’orlo di un dirupo pazzesco. E non devo fare altro che prendere al volo tutti quelli che stanno per cadere nel dirupo, voglio dire, se corrono senza guardare dove vanno, io devo saltar fuori da qualche posto e acchiapparli. Non dovrei fare altro tutto il giorno. Sarei soltanto l’acchiappatore nella segale e via dicendo. So che è una pazzia, ma è l’unica cosa che mi piacerebbe veramente fare. Lo so che è una pazzia.»
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